Con la circolare INPS 5 marzo 2025, n. 54, l’Istituto illustra la disciplina del Reddito di Libertà e fornisce le indicazioni per la presentazione delle domande nel periodo transitorio e a regime, a seguito dell’entrata in vigore, dal 4 marzo 2025, del decreto 2 dicembre 2024 del Ministro per la Famiglia, la natalità e le pari opportunità, di concerto con il Ministro del Lavoro e delle politiche sociali e con il Ministro dell’Economia e delle finanze. Il Reddito di Libertà è un contributo economico stabilito nella misura massima di 500 euro mensili pro capite, concesso in un’unica soluzione per massimo 12 mesi, destinato alle donne vittime di violenza, con o senza figli, seguite dai centri antiviolenza riconosciuti dalle regioni e dai servizi sociali nei percorsi di fuoriuscita dalla violenza, per contribuire a sostenerne l’autonomia ed è compatibile con altri strumenti di sostegno come l’Assegno di Inclusione. Il decreto prevede un “regime transitorio” per la ripresentazione delle domande non accolte per insufficienza di budget. Le domande non accolte per insufficienza di budget possono essere ripresentate all’INPS dal 5 marzo al 18 aprile 2025 per il tramite dei Comuni, al fine di comprovare la permanenza dei requisiti per il riconoscimento del contributo e hanno la priorità sulle nuove domande. Per la ripresentazione delle domande, i Comuni devono accedere al servizio online raggiungibile digitando nel motore di ricerca “Prestazioni sociali dei comuni”, selezionando tra i risultati il servizio “Trasmissione domande, istruzioni e software delle prestazioni sociali”. Nel menzionato servizio è presente un’apposita sezione dedicata all’acquisizione delle domande per il Reddito di Libertà. In tale sezione, il Comune può visualizzare le domande presentate per il Reddito di Libertà e fra queste quelle con esito “Non accolta per insufficienza di budget” e ripresentarle utilizzando l’apposita funzione dopo aver verificato la sussistenza dei requisiti di accesso alla misura. I Comuni rilasciano all’interessata la copia della domanda ritrasmessa, che riporta nel campo “N. domanda”, il numero domanda indicato dal Comune, la data e l’ora di trasmissione della domanda originaria. Concluso il periodo relativo al regime transitorio dal 5 marzo al 18 aprile 2025, a decorrere dalla data di disponibilità del servizio comunicata dall’Istituto con specifico messaggio, le donne in possesso dei requisiti possono presentare, per il tramite dei Comuni di riferimento, le domande a valere sulle risorse finanziarie per il 2025 utilizzando il modulo “SR208”, denominato “Domanda Reddito di Libertà”. Per ulteriori approfondimenti è possibile consultare la circolare INPS 5 marzo 2025, n. 54.

Oltre 157mila pensioni da oltre 40 anni in Italia

Last Updated: Agosto 30, 2024By Tags: , , ,

In Italia, 157mila pensioni di vecchiaia durano oltre 40 anni. Fenomeno delle baby pensioni e impatto sui costi pubblici.

Sono oltre 157 mila le persone che percepiscono una pensione di vecchiaia o anticipata da almeno 40 anni, ossia dal 1984 o da un periodo precedente. Questo dato, che emerge dagli osservatori dell’Inps, riguarda sia il settore privato che pubblico: 95.045 pensioni nel settore privato e 62.034 nel settore pubblico. In termini comparativi, questo numero equivale alla popolazione di una città di media grandezza come Perugia o Livorno.

Analizzando il settore privato, si osserva che 18.717 pensioni hanno una decorrenza precedente al 1980, epoca in cui negli Stati Uniti era presidente Jimmy Carter e in Italia Sandro Pertini. L’età media alla liquidazione di queste pensioni era di 52,3 anni, con un assegno mensile medio di 1.020 euro.

Nel settore pubblico, le pensioni di vecchiaia con decorrenza precedente al 1980 sono 13.311, con un importo medio mensile di 1.607 euro. Se si considera l’intera platea delle pensioni Ivs (vecchiaia, invalidità previdenziale e superstiti) in vigore dal 1984 o prima, il totale sale a oltre 549 mila assegni, di cui 437 mila nel settore privato e quasi 112 mila nel settore pubblico.

Tale platea comprende anche pensioni di invalidità previdenziale e superstiti, che in alcuni casi sono state liquidate a persone molto giovani. Ad esempio, nel settore privato, per le pensioni di invalidità antecedenti al 1980, l’età media dei percettori è di 39,46 anni, mentre per i superstiti è di 36,23 anni.

Le pensioni sociali e le invalidità civili non rientrano in queste statistiche.

Il fenomeno delle pensioni di vecchiaia è legato alle regole degli anni Ottanta, che permisero il pensionamento anticipato, noto come “baby pensioni”. In quel periodo, le dipendenti pubbliche con figli potevano andare in pensione con 14 anni, sei mesi e un giorno di contributi, senza vincoli di età.

Attualmente, il costo delle sole pensioni di vecchiaia erogate prima del 1980 è di circa 2,4 miliardi di euro all’anno. Questo elevato costo è dovuto al fatto che, a fronte di 15 anni di contributi, molti pensionati ricevono assegni per oltre 40 anni. Le riforme successive, culminate con la riforma Fornero, hanno progressivamente ridotto la possibilità di pensionamenti così anticipati.