Nell’era dell’intelligenza artificiale, del cloud e del quantum computing, 2,6 miliardi di persone - un terzo della popolazione mondiale - è ancora offline. Nei Paesi a basso reddito solo il 27% delle persone ha accesso a Internet e in quelli a medio-basso reddito il 53%, con ampie fasce che restano escluse dai servizi online di base. Persistono anche profonde disuguaglianze interne, con un tasso di utilizzo di Internet dell’83% nelle aree urbane rispetto al 48% nelle zone rurali. Le giovani donne sono le più penalizzate: nei Paesi a basso reddito il 90% delle ragazze tra i 15 e i 24 anni vive senza connessione. L’impatto di questo divario digitale sullo scenario globale è al centro del nuovo documento elaborato da ISPI e Deloitte, che analizza i rischi della mancata connettività per la crescita, la competitività e la coesione sociale. I dati raccolti nella pubblicazione mettono in evidenza come il livello di connettività abbia oggi un peso determinante sulla crescita e sull’attrazione degli investimenti. Secondo la Banca Mondiale un aumento del 10% della penetrazione della banda larga mobile può stimolare un incremento del PIL pro capite dell’1,5-1,6%. Al contrario l’assenza di servizi finanziari digitali ostacola l’accesso al credito per milioni di imprenditori nei Paesi a basso e medio reddito dove, secondo il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (UNDP), la crescita del PIL potrebbe essere dal 20% al 33% più lenta nei prossimi anni. Le più colpite sono le micro, piccole e medie imprese: senza servizi finanziari online oltre 19 milioni di esse rimarrebbero tagliate fuori dai finanziamenti. La pubblicazione mostra che i Paesi in grado di sfruttare le soluzioni digitali attirano maggiori investimenti. Servizi online, quali portali d’informazione o piattaforme dove poter registrare le attività di business, portano in media un aumento dell'8% nell’afflusso di investimenti diretti esteri. Queste funzionalità digitali aumentano anche i tassi di registrazione delle imprese, con effetti benefici soprattutto sulle startup, sull’imprenditorialità femminile e sulle comunità che vivono al di fuori delle aree urbane. La scarsa connettività condiziona negativamente anche l’adozione delle applicazioni di Intelligenza Artificiale. L'AI Preparedness Index sviluppato dal Fondo Monetario Internazionale per misurare il livello di preparazione di un Paese verso l’uso strategico dell’IA - in termini di infrastrutture digitali, investimenti in capitale umano, competenze STEM e innovazione - evidenzia un profondo divario fra nazioni: le economie avanzate ottengono un punteggio medio di 0,68, più del doppio di quello dei Paesi a basso reddito (0,32).

CEO italiani tra ottimismo, IA e sostenibilità

I CEO italiani prevedono crescita economica, ma puntano su IA, competenze e sostenibilità per affrontare le sfide future.

Gli amministratori delegati tracciano un quadro complesso per le aziende, caratterizzato da ottimismo e realismo, sottolineando la necessità di decisioni coraggiose per affrontare le sfide future. Andrea Toselli, presidente e AD di PwC Italia, ha commentato i risultati della 28esima Annual Global CEO Survey, presentata al World Economic Forum di Davos, evidenziando che il cambiamento è fondamentale per le strategie aziendali. L’indagine ha coinvolto 4.701 CEO di 109 Paesi, tra cui 122 italiani.

L’ottimismo tra i CEO italiani è in crescita: il 64% prevede un aumento della crescita economica mondiale nei prossimi 12 mesi, una percentuale significativamente superiore rispetto al 43% del 2024. Tuttavia, solo il 43% è fiducioso nella crescita economica italiana. In termini di fatturato, il 64% degli amministratori italiani prevede un incremento nei prossimi 12 mesi, mentre l’80% è ottimista per i prossimi tre anni.

Cresce anche la fiducia verso l’aumento dell’occupazione, con il 45% dei CEO italiani che prevede un’espansione del personale, un dato più alto rispetto al 42% globale. Solo il 9% pianifica tagli, contro il 17% globale.

Tra i principali vantaggi competitivi segnalati dai CEO spiccano: una cultura organizzativa flessibile (58%), la proattività nell’innovazione (55%) e la promozione del brand (44%). Tuttavia, persistono criticità come la tassazione, la difficoltà nella trasformazione digitale e la mancanza di competenze chiave, un problema segnalato dal 35% degli intervistati italiani. L’intelligenza artificiale (IA) è al centro della trasformazione tecnologica: il 60% dei CEO italiani si aspetta un aumento della redditività aziendale grazie alla IA, una percentuale superiore alla media globale del 49%.

La sostenibilità aziendale resta una priorità: il 56% dei CEO italiani ritiene necessario un cambiamento strategico per garantire la sostenibilità a lungo termine. Tuttavia, la sostenibilità ambientale incontra ostacoli, tra cui normative complesse e lo scarso interesse degli stakeholder. Solo il 20% dei CEO italiani ha visto un impatto positivo degli investimenti sostenibili sui ricavi, contro il 33% globale.